didattica a distanza

Riflessioni sulla didattica a distanza al tempo del Covid19

La scuola è il tempio delle relazioni umanedirette tra bambini, adolescenti e adulti, e si occupa dell’educazione, attraverso l’istruzione, dei giovani. Per molti genitori, tuttavia, dovrebbe anche venire incontro alle emergenze, curare l’educazione stradale, l’educazione ecologica, l’educazione europea, l’educazione alla pace, l’educazione alla salute, l’educazione alla legalità e garantire un po’ di affetto ai loro figli.

Con il Covid19 la scuola si è fermata e, a colmare questo vuoto, è spuntata la Didattica a Distanza: una grande rivoluzione per molti politici e “cacasenno” della TV, una grande opportunità commerciale per aziende di hardware-software e un grave problema per le famiglie che ne devono affrontare costi e disagi. In breve, la DaD consiste nella possibilità di realizzare lezioni in videoconferenza e inviare materiale didattico (video e documenti) on-line. In Italia è stato possibile attuarla per la generosità e lo spirito di servizio dei suoi insegnanti anche se il Miur la ritiene un’attività obbligatoria: i sindacati assicurano che, senza alcuna normativa specifica nell’ordinamento dello Stato italiano, non esiste un obbligo per gli alunni.

Una riflessione importante riguarda le ulteriori divisioni che queste lezioni on-line hanno creato tra i ragazzi che posseggono gli strumenti idonei per la sua fruizione e quelli che ne sono privi. Emerge, nell’indifferenza generale, una distanza sociale tra chi può beneficiare del diritto allo studio e chi ne è completamente escluso. Vi sono, poi, gli studenti con disabilità e, in particolare, i bambini della scuola primaria che per poter accedere alle piattaforme, caricare e scaricare i materiali didattici, necessitano di una presenza costante di adulti competenti su cui non tutti i bambini possono contare. Se in futuro si vorrà affiancare stabilmente la DaD alla didattica tradizionale, lo Stato dovrà intervenire e fornire quello che è necessario a tutti gli studenti che ne faranno richiesta, senza discriminazioni tra italiani e stranieri (art. 34 della Costituzione italiana) e senza tenere in conto delle considerazioni che si potrebbero fare sui limiti di questo strumento didattico: uno Stato democratico si costruisce intorno all’inalienabilità del diritto allo studio.

La DaD è diventata un esteso fenomeno mediatico e tutte le scuole sentono l’esigenza di sperimentarla. Gli insegnanti hanno scoperto nuovi modi di comunicare e gli studenti si ritrovano tra le mani un’opportunità in più. Durante l’emergenza Covid19, ha svolto un ruolo importante consentendo agli insegnanti di rassicurare i propri alunni, dare consigli e indicazioni pedagogiche ma gran parte degli insegnanti, consapevoli dei complessi processi di apprendimento e delle problematiche della funzione docente, ritiene che questo strumento sia solo un supporto alla conoscenza e un’integrazione culturale alle classiche attività didattiche. Alla base dell’insegnamento vi è la possibilità di valutare l’apprendimento degli allievi che, per i limiti oggettivi del mezzo tecnologico, è impossibile in modalità on-line. Capita, anche, che durante queste lezioni i genitori intervengano tentando di dettare gli orari delle videolezioni più consoni alle esigenze della propria famiglia o entrino nel merito delle valutazioni che spettano unicamente ai docenti. Episodi spiacevoli che la scuola dovrebbe cercare, in tutti i modi, di evitare. Bisogna, tuttavia, anche comprendere il disagio di famiglie con due o tre figli da mettere in condizione di fare lezioni a distanza e le necessità dei genitori che magari sono lavoratori in smartworking. Immaginate il caos di computer, stampante operativa, videocamere, connessione wifi, luci e riscaldamento accesi fin dalle prime ore del mattino in spazi delimitati e confinati senza trascurare la quantità di radiazioni che tutta la famigliola è costretta a subire. Bisogna, però, denunciare con forza, senza minimizzare, episodi che ledono gravemente la dignità e l’onorabilità dei docenti: si tratta soprattutto di intrusioni di altri studenti che, con la complicità della classe, disturbano le videolezioni con interventi maleducati di cyberbullismo, camuffando la loro voce emettendo rumori imbarazzanti. Le istituzioni scolastiche, in questo caso, debbono intervenire con denunce alle autorità di pubblica sicurezza e con provvedimenti disciplinari rigorosi e tempestivi. Per questi motivi, una parte non trascurabile dei docenti rifiuta categoricamente di usare la DaD. Procedendo oltre nell’analisi delle criticità di questa nuova metodologia didattica, non possiamo trascurare che, inevitabilmente e prepotentemente, si sta entrando nell’intimità delle pareti domestiche degli alunni e dei docenti creando un precedente molto pericoloso.

È legittimo allora chiedersi se in futuro un dirigente scolastico potrà obbligare un docente, che ha preso qualche giorno di malattia, a svolgere ugualmente la sua lezione in modalità DaD o se lo potrà, in tempo reale e più volte al giorno, controllare durante la malattia. Un alunno, in nome della privacy, potrà rifiutare la Didattica a Distanza se la sua situazione familiare non lo consente? Siamo all’alba di grandi stravolgimenti nella nostra società e non v’è certezza di come, in futuro, si darà una risposta a queste domande. La tecnologia avanzerà prepotentemente e non potrà essere ignorata, nella speranza che venga utilizzata solo a vantaggio degli studenti dando loro più strumenti per imparare e in modo che abbiano maggiore consapevolezza di se stessi e del mondo che li circonda.