No, il CPIA non sarà il primo passo per un istituto superiore ad Ardea

Negli ultimi giorni, una questione più di altre sembra tener banco nell’antica Città dei Rutuli, che a dispetto della sua lunghissima storia e dei suoi quasi 50mila abitanti, ancora non ha un istituto di istruzione superiore. 

Qualche giorno fa il Consiglio della Città Metropolitana di Roma ha infatti approvato una variazione del Programma Triennale delle Opere Pubbliche 2020-2022 in cui Ardea non è neanche menzionata.

Nell’atto figurano gli investimenti in infrastrutture che l’ex Provincia intende effettuare nei prossimi anni, inclusi lavori di manutenzione stradale o – appunto – interventi sugli edifici scolastici di propria competenza (istruzione superiore di secondo grado).

Non è la prima volta che Ardea è totalmente assente. E il tema “assenza di una scuola superiore” non è certo una novità degli ultimi anni. Ma Ardea non è più un piccolo paesino del litorale laziale. Ed è oggettivamente inspiegabile il motivo per il quale il piano triennale contempli interventi su scuole già esistenti in Comuni il cui numero di abitanti non raggiunge neanche le 10mila unità e nulla per Città con una popolazione cinque volte più numerosa, con tassi di abbandono scolastico nettamente più elevati e servizi ridotti al lumicino.

In questo contesto il Sindaco Savarese, dopo aver giustamente puntato il dito contro la mancanza di ascolto dell’Amministrazione provinciale – per lui doppio merito, tenendo conto che con la Sindaca Raggi condivide anche lo stesso colore politico – annuncia poi l’apertura di una “scuola superiore” nei locali occupati attualmente dalla Polizia Locale.

Peccato però che il CPIA, il Centro Provinciale di Istruzione per Adulti, che proprio in quei locali troverebbe spazio per ospitare alcune sezioni distaccate della sede di Pomezia, non sia un istituto superiore. Ma solo – appunto – un servizio dedicato alla formazione di adulti che non hanno terminato il proprio percorso formativo e desiderano riprenderlo. Insomma, iniziativa lodevole e utile, ma tutt’altra cosa rispetto a quella scuola superiore che la Città Metropolitana avrebbe dovuto aprire in un territorio che attende da troppi anni.

Peraltro, la decisione di spendere ulteriore denaro pubblico per cambiare – di nuovo – la destinazione di un immobile che avrebbe dovuto ospitare il museo della Città, non è certo una scelta lineare e razionale. Per la scuola di Ardea, invece, è un film già visto: quello di strutture create con altre vocazioni e poi riconvertite per affrontare l’emergenza. Una toppa, insomma. Di cui conserviamo fulgidi esempi, tra baite, garage, edifici senza capo né coda, costruiti – appunto – toppa su toppa, per creare in fretta e furia spazi anonimi per bambini e ragazzi, in assenza di una progettazione e una programmazione adeguata.

Si fa fatica a capire come tutto questo possa essere il primo passo per un istituto superiore nella nostra Città. In che modo il CPIA si “trasformerebbe”? E utilizzando quali spazi?

Sono domande rivolte non solo (e non tanto) al nostro primo cittadino. Ma ad un’Amministrazione provinciale che non dà l’impressione di conoscere e comprendere le esigenze di una parte considerevole del territorio che è chiamata a governare. Per questo territorio, così trascurato e degradato, la politica deve poter immaginare percorsi di sviluppo. A partire dalle sue risorse. I ragazzi e le ragazze che abitano ad Ardea sono probabilmente uno degli investimenti più urgenti e con maggior possibilità di successo. Oggi la nostra Città sembra come certe squadre di metà classifica che fanno mostra di bel calcio, ma a fine stagione vendono puntualmente tutti i giovani talentuosi. Solo che qui da noi, le svendite non fanno neanche cassa.