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La Giunta Raggi e i rom: 12 milioni per un nuovo sistema campi?

Il 5 ottobre l’Associazione 21 Luglio, attiva nella promozione dei diritti dei rom, dei sinti e dei camminanti, ha indetto una conferenza stampa per sollevare il problema della gestione della questione rom da parte della nuova Giunta Raggi.

La preoccupazione principale dell’Associazione sta nel fatto che, dopo che nel 2016 c’era stato un azzeramento delle risorse per la gestione dei campi rom, oggi si stia riattivando un flusso economico che potrebbe agevolare il ritorno dell’humus nel quale è cresciuto il sistema campi di Mafia Capitale.

Durante la campagna elettorale tutti i candidati hanno espresso l’obiettivo del superamento delle baraccopoli, senza però indicare tempi certi e azioni definite. Dopo le elezioni la Giunta ha approvato le linee programmatiche 2016-2020 per il Governo di Roma Capitale nelle quali si parla di superamento delle baraccopoli senza un piano strategico e confondendo le azioni con gli strumenti.

L’8 Luglio 2016 attraverso il Dipartimento delle Politiche Sociali è stato indetto un bando di gara “per il reperimento di un’area attrezzata” per l’accoglienza di 120 nuclei famigliari rom per un appalto di 1.549.484 euro che avrà decorrenza dal 1 ottobre 2016 per terminare il 31 dicembre 2017. Il 9 agosto l’Assemblea Capitolina ha bocciato una mozione nella quale veniva richiesto il ritiro del suddetto bando.

Il 25 agosto si è svolto il primo incontro ufficiale sulla questione rom in vista del Tavolo per l’inclusione dei rom convocato dall’assessore Laura Baldassarre. Il problema è che a questo incontro si sono presentati dei soggetti autoproclamatisi o nominati dalla vecchia amministrazione Alemanno come rappresentanti rom, che invalidano l’effettiva partecipazione dei rom sulle decisioni che riguardano il loro futuro.

Il 20 settembre si è proceduto all’apertura delle offerte relative alla Gara di gestione di 6 baraccopoli istituzionali, denominati “villaggi”, per un importo lordo superiori ai 6 milioni (di cui 746.000euro per Castel Romano). Sono previste le stesse mansioni svolte fino al 2014 con un inasprimento dei controlli di sicurezza già dichiarate incostituzionali dal TAR del Lazio nel 2009.

Secondo l’Associazione 21 luglio, nei bandi sono estremamente esigue le voci di spesa destinate all’inclusione e nel concreto non è indicata una strategia per il supermento delle baraccopoli.

La Giunta Raggi dovrebbe adempiere agli obblighi istituzionali derivanti da una sentenza del Tribunale Civile di Roma, da una delibera di iniziativa popolare sottoscritta da 6.000 cittadini romani, e infine da una delibera della Giunta Capitolina che impegna 4,4 milioni di fondi europei per la chiusura degli insediamenti e l’inclusione abitativa delle comunità rom a Roma.

La sentenza del Tribunale Civile di Roma del 30 maggio 2015 ha riconosciuto un carattere discriminatorio nell’assegnazione degli alloggi presso la baraccopoli istituzionale La Barbuta, ma l’Amministrazione non ha compiuto nessuna azione per dare seguito alla decisione del giudice.

La delibera di iniziativa popolare è arrivata grazie alla raccolta di 6.000 firme da parte di 9 associazioni per il superamento progressivo e la chiusura degli insediamenti rom in attuazione della Strategia nazionale d’inclusione dei rom, ma ad oggi non è stato avviato nemmeno l’iter.

La delibera della Giunta Capitolina prevedeva la partecipazione di Roma Capitale al Programma Operativo Nazionale Città Metropolitana adottato dalla Commissione Europea. Il Programma prevede una specifica azione di inclusione abitativa, scolastica e occupazionale per il superamento delle baraccopoli attraverso uno stanziamento di 4,4 milioni di euro. Anche per quanto riguarda questi fondi europei, non è stato ancora indicato come verranno spesi, col rischio che possano essere utilizzati in altre voci di spesa.

In conclusione ci sono 7,6 milioni di fondi comunali previsti per il mantenimento del sistema campi e 4,4 milioni di fondi europei previsti per il superamento degli insediamenti che l’Amministrazione potrebbe utilizzare da subito per realizzare una vera integrazione dei rom.

Rom e Sinti in Italia

Il termine corretto per indicare quel gruppo di persone che erroneamente definiamo “nomadi” o dispregiativamente “zingari” è “Rom o Sinti”.

In Italia le stime parlano di circa 180 mila rom presenti sul territorio pari allo 0,25% della popolazione totale, una delle percentuali più basse di tutta Europa. La maggior parte delle comunità rom si concentrano nel Lazio, in Lombardia, in Calabria e Campania, con presenze consistenti anche in Piemonte, Abruzzo e Veneto.

Secondo la mappatura dell’Associazione 21 Luglio i rom in emergenza abitativa sono 35 mila e di essi quasi 20 mila vivono in insediamenti progettati e gestiti dalle istituzioni. Secondo i dati del 2015, erano 145 gli insediamenti formali per soli rom e l’86% di questi campi si trova in Lazio, Campania, Piemonte, Lombardia e Toscana.

idoneita-abitazioni-campi-romLa Strategia Nazionale per l’Inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Camminanti ha tra le sue priorità il superamento del sistema campi, ma nel corso del 2015 è stato fatto poco o nulla a riguardo. 

L’Italia è gravemente in ritardo rispetto agli altri paesi europei sulle politiche d’inclusione e d’integrazione dei Rom e dei Sinti. Sul nostro territorio a differenza di quello degli altri Paesi europei sono ancora presenti numerosi campi nei quali le abitazioni non rispettano alcun parametro per essere considerate adeguate.

Chiaramente le fatiscenti abitazioni dei campi non soddisfano neanche lontanamente nemmeno uno di questi requisiti,

I campi realizzati dalla Giunta Capitolina (rappresentano ben il 41% del totale nazionale), che sono stati di volta in olta nominati in modi diversi come “villaggi”, “campi nomadi”, “campi di solidarietà” etc., sono stati in realtà precisamente definiti dalla Agenzia delle Nazioni Unite UN-HABITAT come baraccopoli istituzionali.

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Il Superamento dei campi

Spesso i governanti hanno confuso la politica di superamento dei campi con operazioni di sgombero forzato – vedi il caso dell’insediamento di via Idro a Milano – o con soluzioni abitative temporanee, sempre riservate ai soli rom, e quindi segreganti come in Campania.

La segregazione e la marginalizzazione non potranno mai essere superate con queste azioni che non risolvono in alcun modo le radici del problema: l’assenza di opportunità e la mancata integrazione.

Anche la Commissione Europea nel suo terzo rapporto di valutazione sulle strategie nazionali di inclusione dei rom ha rilevato forti ritardi nell’attuazione delle politiche, uno scarso monitoraggio e la carenza di impatti tangibili a livello locale. Ha invitato quindi ad esplorare tutte le possibilità di finanziamento e di applicare la normativa anti-discriminazione affrontando con urgenza la segregazione, i discorsi d’odio e l’antizingarismo.

Le criticità dei campi rom

I campi, oltre al loro carattere segregante, che viola il principio di non discriminazione, non rispettano i requisiti di adeguatezza degli alloggi abitativi. Inoltre le autorità locali predispongono dei regolamenti che impongono norme più restrittive rispetto ad altre forme di alloggio fornite dalle autorità pubbliche. Spesso i campi sono delimitati da recinzioni e alcuni hanno sistemi di videosorveglianza e di controllo degli ingressi. La maggior parte sorgono al di fuori del tessuto urbano e distanti dai servizi primari, come scuole, ospedali e supermercati. Anche i collegamenti con il trasporto pubblico sono scarsi o assenti. La diretta conseguenza di questo isolamento spaziale è quindi un completo isolamento sociale che complica in maniera evidente i percorsi scolastici, formativi e lavorativi degli abitanti.

La carenza di servizi ed infrastrutture è la causa di condizioni igienico-sanitarie critiche, testimoniate dalla presenza di topi e scarafaggi.

Le unità abitative temporanee come bungalow, roulotte e container sono soggette al deterioramento e quindi col tempo diventano inefficienti e pericolose per la salute.

Il sistema campi è quindi un sistema abitativo parallelo riservato solo ai rom che non rispetta gli obblighi internazionali dell’Italia in materia di diritti umani e viola la Direttiva europea 2000/43 sulla parità di trattamento indipendentemente dalla razza e dal’origine etnica. Continuare con la politica dei campi significa non solo ledere i diritti umani, ma anche finanziare tali violazioni con fondi pubblici. Solo a Roma nel 2013 sono stati spesi 22 milioni di euro per la gestione dei campi.

Il buon esempio di Alghero

Il comune di Alghero in Sardegna è uno dei rari esempi di “superamento dei campi”. Attraverso fondi messi a disposizione dalla Regione Sardegna, sono stati presi in affitto, sul mercato privato, degli appartamenti per ospitare le 60 persone che vivevano nel campo di Fertilia. I fondi copriranno  le spese per la durata di 4 anni e serviranno anche per favorire l’inclusione scolastica e lavorativa.

Gli sgomberi forzati a Roma

Nel corso del 2015 a Roma sono avvenuti 80 sgomberi forzati che hanno coinvolto circa 1.500 persone per un costo di 1.900.000 euro. Queste azioni sono avvenute senza le appropriate garanzie previste dal diritto internazionale. In molti casi dei nuclei famigliari sono stati separati oppure il trasferimento ha portato le persone a dover vivere in alloggi con condizioni al di sotto degli standard. Secondo le stime del Dipartimento delle Politiche Sociali del Comune, la popolazione rom che risiede in insediamenti informali è tra le 2.200 e le 2.500 persone, lo 0,09% della popolazione totale. Tra il 2013 e il 2015 gli sgomberi effettuati sono stati 168 ed hanno coinvolto circa 4.000 rom. Questo significa che molte persone sono state ripetutamente spostate.

Discorsi d’odio, discriminazione e attacchi violenti

Italians Overwhelmingly View Roma UnfavorablyNel 2015 il Pew Research Center ha aggiornato i dati sulle manifestazioni verbali anti-rom in 7 paesi europei. In Italia ben l’86% degli intervistati ha espresso un’opinione negativa sui rom consegnandoci il poco invidiabile primato rispetto a Regno Unito, Germania, Spagna, Francia, Grecia e Polonia. Non c’è da meravigliarsi visto che nel dibattito politico e sui media vengono ancora utilizzati termini come “nomade” o “zingaro”. L’irresponsabilità di alcuni politici che ricoprono cariche pubbliche nel fomentare l’odio verso i rom per raccogliere consensi è evidente ed ha come conseguenze alcuni episodi di violenza.

Se prendiamo in esame solo il 2015, possiamo registrare ben 14 episodi, dei quali prenderemo in esame quelli avvenuti nel Lazio, che sono cinque.

Il primo dell’11 febbraio 2015 avvenuto nel campo Al Karama di Latina, dove un uomo sparò due colpi di pistola colpendo il tetto di un abitazione. Fortunatamente non ci furono feriti.

Il secondo il 15 febbraio, nel quartiere Casilino di Roma. Tre persone spararono vari colpi verso l’abitazione di una coppia rom, anche in questo caso senza conseguenze per le persone.

Il terzo: il 23 febbraio, a Tor Sapienza, venne dato fuoco al furgone di un rom residente in via Salviati.

Il quarto: il 28 maggio 2015 nel campo della zona di Ponte Marconi – il giorno seguente un atto di cronaca che aveva riguardato un giovane rom, – un camper di una famiglia rom prese fuoco ed esplose. I Vigli del Fuoco misero a verbale che la bombola del gas all’interno del camper fosse intatta.

Il quinto: il 2 giugno 2015. Due cassonetti nei pressi dell’insediamento della Monachina a Roma, andarono a fuoco.

Secondo i dati dell’Osservatorio 21 Luglio sui discorsi d’odio verso i rom, nel corso del 2015 ci sono stati 265 episodi, di cui 145 di una certa gravità. La maggior parte di questi episodi, ben l’89%, è riconducibile ad esponenti politici, di cui una fetta consistente appartiene all’area di centro-destra con un largo vantaggio della Lega Nord, che da sola copre il 37% di questi episodi. A livello regionale invece la maglia nera spetta proprio al Lazio, con il 26%, seguito dall’Emilia Romagna, col 12%. E’ importante rilevare che quattro delle regioni presenti ai primi cinque posti di questa “classifica”, siano quelle dove viene dichiarata “Emergenza Nomadi”. Questo conferma come le Regioni con presenza di campi o insediamenti formali per soli rom, siano anche quelle con più tensioni sociali.

Rom e Sinti nella città di Roma

La stagione della cosiddetta Emergenza Nomadi che si era aperta nel 2009 e chiusa nel 2012, sotto l’amministrazione Alemanno, si è conclusa con l’apertura di tre “centri di raccolta” per soli rom (Salaria, Amarilli e “Best House Rom”) e la costruzione del “villaggio attrezzato” La Barbuta.

Il 16 novembre 2011, il Consiglio di Stato ha dichiarato l’illegittimità dello “Stato di Emergenza” e il 28 febbraio del 2012 il Governo italiano ha adottato la Strategia Nazionale per l’Inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Camminanti, con cui si metteva fine alla politica dei “campi”.

Il 14 aprile del 2014 è stato istituito presso la Regione Lazio il “Tavolo Regionale per l’Inclusione e l’Integrazione delle popolazioni Rom, Sinti e Camminanti”.

Ad oggi si possono individuare quattro tipologie abitative: tre formali (centri di raccolta rom, un camping privato, le baraccopoli istituzionali) ed una informale rappresentata dai micro-insediamenti spontanei definiti “campi abusivi”.

Ad oggi a Roma sono 10 gli insediamenti formali per soli rom. Sono inoltre presenti due centri di accoglienza per soli rom: uno in via San Cipriello e l’altro in via Toraldo entrambi inaugurati nel 2014.

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La baraccopoli istituzionale di Castel Romano

Situata al civico 2501 della via Pontina, all’estrema periferia sud di Roma, confina con il comune di Pomezia. Copre un’area di 40.000 mq, ed è stato inaugurato nel 2005 come villaggio attrezzato per accogliere quasi 1.000 persone provenienti dall’insediamento di vicolo Savini. Tra il 2010 e il 2012 il campo è stato ampliato per consentire l’accoglienza delle famiglie sgomberate dai “campi tollerati” di La Martora e Tor dè Cenci. Il campo è delimitato da una recensione metallica che lo separa dalla Riserva Naturale di Decima Malafede.

In base al censimento del 2015 nel campo risiedono 943 persone suddivise in 157 nuclei famigliari, tra cui i minori sono 328.

Le condizioni strutturali dell’insediamento sono in alcuni casi drammatiche. Le abitazioni sono case container e roulotte, con spazi insufficienti e asfittici. Anche i servizi basilari sono spesso sospesi. Nei periodi autunnali ed estivi alcune aree della baraccopoli sono rimaste prive di acqua ed energia elettrica. Le precarie condizioni igienico-sanitarie hanno avuto come conseguenza dei casi di scabbia nell’ottobre del 2015, riscontrati all’ospedale San Gallicano su sette rom. Il rischio era stato evidenziato dal Servizio di Igiene e Sanità pubblica della Asl Roma C, che aveva dato comunicazione al sindaco Marino, all’assessore delle Politiche Sociali, al prefetto Gabrielli e alla polizia municipale. Nell’“Informativa sulle gravi condizioni igienico-sanitarie riscontrate nel campo nomadi di Castel Romano” si evidenziavano le seguenti problematiche: mancanza di acqua potabile, scarichi fognari non funzionanti, rifiuti disseminati al di fuori dei contenitori, cani randagi, una massiccia presenza di topi. Gli ispettori hanno anche rilevato un odore nauseabondo riferibile alla possibile presenza di materiale organico in decomposizione.

Per quanto riguarda la frequenza scolastica, nel 2014 la Onlus Arci Solidarietà si è occupata dell’accompagnamento scolastico garantendo la partecipazione alle lezioni al 78,1% dei minori. Nel settembre del 2015 risultavano iscritti 416 minori che hanno potuto usufruire di 6 linee di trasporto scolastico.