Donne rom a Milano nel 1984 - Fonte Wikipedia

Campo nomadi di Castel Romano. Cosa accadrà dopo la “ruspa”?

Come regalo per il nuovo anno, la giunta capitolina guidata da Virginia Raggi fa trapelare – dalle colonne de Il Messaggero – il piano per la chiusura del campo rom di Castel Romano. In sé, una buona notizia. Salutata con gioia sui social (con i soliti eccessi) anche dai cittadini di Pomezia ed Ardea.

Eppure, chi conosce anche per via indiretta la realtà romana dei cosiddetti campi rom (che spesso di romhanno ormai poco) sa benissimo che la chiusura di un campo potrebbe essere l’inizio dei problemi.

Perché la vera questione non è chiudere un sistema – come quello dei campi – dannoso, inefficace e per molti versi inumano. La vera questione è, una volta eliminati i campi, quali strategie si intendono adottare per affrontare la presenza di rom, sinti e caminanti nella nostra società. Oppure, molto più banalmente, dove si crede che andranno a finire i circa 600 (cifre ufficiose) abitanti di Castel Romano.

Al momento, secondo le indiscrezioni pubblicate da Il Messaggero, le ipotesi previste dal piano del Campidoglio sarebbero due: rimpatri volontari in caso di cittadini stranieri e bonus casa. I primi, legati appunto alla volontarietà(anche in virtù delle norme comunitarie, visto che i cittadini stranieri presenti nei campi rom sono comunque quasi tutti cittadini comunitari), sono stati già utilizzati nei mesi scorsi (ad esempio dopo lo sgombero di Camping River), ma hanno avuto ben poca fortuna. 

Quanto al bonus casa, ovvero il contributo mensile per l’affitto (fino a 800 euro) per le famiglie meno abbienti, bisogna chiedersi veramente quante persone oggi affitterebbero un appartamento ad una famiglia che esce da un campo rom.

Non è dunque difficile immaginare che, se le due misure “alternative” venissero confermate, ci ritroveremmo con 600 cittadini comunitari (tra i quali un alto numero di donne e bambini) per strada. Pronti ad offrire manovalanza alla criminalità più o meno organizzata. E in procinto di riversarsi sulle nostre Città, più che sulla Capitale.

La decisione più popolare, al solito, si mostra quasi sempre la più inefficace, spesso la più dannosa.

La verità – che i politici non raccontano – è che la questione rom non ha, al momento attuale, una risposta. Che l’unica soluzione efficace, cioè l’unica capace di ridurre degrado e criminalità e di migliorare le condizioni di vita degli stessi “nomadi”, è l’integrazione. Ma si tratta di una strada difficile, anche perché nel nostro Paese allo stato attuale non esistono modelli “riusciti” e conclamati, ma solo tanti fallimenti, costruiti – però – su un modello esattamente opposto a quello dell’integrazione.

I campi nomadi sono forse il fallimento più visibile. Ma è bene ricordare che anche loro son stati appoggiati dal consenso popolare: i ghetti, del resto, tengono i problemi ai margini anche della nostra quotidianità. Finché la nostra quotidianità non si sposta a Castel Romano.