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Una scelta per il futuro: vaccinazioni sì o no?

Il dibattito sulla sicurezza e l’utilità delle vaccinazioni rappresenta un tema di grande interesse e importanza nel periodo storico che stiamo vivendo. In questi anni di relativo benessere, infatti, inizia a sbiadirsi il ricordo delle grandi epidemie e dei tempi in cui la mortalità infantile era all’ordine del giorno, lasciando spazio alla diffidenza che istintivamente si prova nei confronti di ciò che non si conosce abbastanza. In questo contesto trova terreno fertile la campagna denigratoria contro le vaccinazioni, che in modo sempre più preoccupante si diffonde fra la popolazione attraverso media e social network, con conseguenze potenzialmente devastanti per le generazioni future.

Come per ogni argomento, conoscenza significa potere; potere di discriminare tra ciò che è giusto e sbagliato, di analizzare pro e contro e di costruire una propria opinione con coscienza. Prima di discutere riguardo rischi e benefici dei vaccini, ripercorriamo, quindi, qualche tappa della loro storia e cerchiamo di comprendere i meccanismi alla base del loro funzionamento.

La nascita e la diffusione dei vaccini

La storia dei vaccini inizia più di 200 anni fa in Inghilterra. All’epoca era piuttosto diffuso il vaiolo, una malattia infettiva causata dal virus Variola, mortale nel 30% dei casi, che si presentava in due forme: la più comune, dovuta al virus Variola Major, che era anche la più violenta, e una forma meno comune originata dal virus Variola Minor, mortale solo nel 1% dei casi.

Già da secoli era noto che coloro che sopravvivevano alla malattia non contraevano l’infezione una seconda volta, diventando quindi immuni al virus. Da questa osservazione nasce la pratica, importata in Europa dall’Oriente, della variolizzazione: l’usanza, cioè, di inoculare in soggetti sani il liquido purulento estratto da piaghe di vaiolo in via di guarigione o di vaiolo causato da Variola Minor in soggetti sani per renderli immuni alla malattia. Edward Jenner era un medico inglese il quale, svolgendo la sua attività in un centro rurale, aveva potuto osservare che chi contraeva il vaiolo vaccino dal bestiame non andava incontro a successive infezioni di vaiolo umano. Per questo decise di modificare la pratica della variolizzazione, introducendo l’uso di materiale estratto da piaghe di vaiolo vaccino al posto di quello umano. L’invenzione del vaccino ebbe un tale successo che diversi governi vollero promuoverne la diffusione per dimostrare il proprio interesse nei confronti della salute pubblica. Fu così che la vaccinazione venne esportata in tutta Europa e nelle colonie e, nel 1967, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) lanciò il programma intensivo per l’eradicazione del vaiolo. Il programma dell’OMS non si basava solo sulla vaccinazione di massa, ma prevedeva un’attività complementare di sorveglianza e isolamento dei focolai di infezione dove la vaccinazione non era possibile. Grazie a questa strategia nel 1977 in Somalia si verificò l’ultimo caso al mondo di vaiolo e nel 1979 l’OMS dichiarò eradicata la malattia.

Vaccinarsi in Italia

In Italia la campagna di vaccinazioni si basa su un piano nazionale prevenzione vaccinale, consultabile sul sito del Ministero della Salute e attualmente riferito al periodo 2012-2014. Volendo analizzare solo le vaccinazioni previste per i nuovi nati, possiamo distinguere tra due gruppi di vaccini offerti gratuitamente dal servizio sanitario nazionale: vaccini considerati obbligatori e vaccini raccomandati. Sono obbligatorie le vaccinazioni contro difterite, tetano, poliomielite ed epatite B; sono invece raccomandate le vaccinazioni contro pertosse, meningite causata da haemophilus influenzae tipo B, pneumococco e meningococco C, morbillo, parotite, rosolia, varicella e papillomavirus. Informazioni abbastanza esaustive su tutte queste malattie e su tempi e modalità di somministrazione delle rispettive vaccinazioni sono presenti nella pagina web dedicata ai vaccini del Ministero della Salute, su cui è pubblicizzata un’utilissima applicazione in versione mobile che dovrebbe “suggerire le vaccinazioni da fare e quando farle, in base al Piano nazionale vaccini 2012-2014” e fornire “un utile pro-memoria per ricordare le dosi già somministrate”, ma che, purtroppo, risulta essere non disponibile e in fase di aggiornamento almeno dal mese di luglio del 2015.

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Calendario vaccinale. Fonte: Ministero della Salute

I vaccini “in pillole”

Per capire bene le basi del funzionamento dei vaccini è necessario comprendere come funziona il nostro sistema immunitario. L’immunologia è un campo scientifico molto vasto e complesso, ma per il nostro scopo basterà una rapida spiegazione di qualche concetto di base. Il nostro corpo è in grado di difendersi dagli attacchi esterni e interni in molti modi, specifici di caso in caso. In generale, quando un agente patogeno entra nel nostro organismo viene innescata una risposta immunitaria e inizia una battaglia tra noi e il patogeno che viviamo come “malattia”. Tra i meccanismi della risposta immunitaria c’è la produzione di anticorpi altamente specifici per gli avversari che si stanno affrontando. Gli anticorpi sono in grado di riconoscere parti del patogeno, che vengono dette antigeni, e legarsi a esse innescando tutti i processi che porteranno all’eliminazione dell’ospite indesiderato. Dopo la guarigione l’organismo impara dall’esperienza, mantenendo la capacità di riconoscere al primo incontro gli antigeni che sono stati già affrontati; sviluppa cioè una memoria immunologica. Questa permette di reagire in breve tempo a successive esposizioni al patogeno e di eliminarlo prevenendo l’infezione. Il processo è dovuto alla conservazione di cellule in grado di produrre anticorpi specifici che si attivano prontamente a successive esposizioni all’antigene. Su questo principio è basato il funzionamento dei vaccini: provvedendo alla prima stimolazione del sistema immunitario in modalità “attenuata”, si prepara la difesa nei confronti di successive esposizioni ed è possibile evitare malattie anche molto pericolose. Per fare questo esiste ormai una buona varietà di sistemi; possiamo perciò distinguere tra diverse classi di vaccino. Un esempio sono i vaccini contenenti patogeni attenuati o inattivati. Si dice attenuato un patogeno vivo ma non in grado di causare malattia, mentre si chiama inattivato un patogeno non vitale. L’uso del microbo intatto permette di provocare lo stesso tipo di risposta immunitaria che si avrebbe in caso di microbo vivo, avendo quindi come conseguenza la creazione di una memoria immunologica a lungo termine. Proprio per questi motivi la versione con virus o batterio attenuato è forse la più efficace, ma, d’altra parte, anche la più rischiosa: può capitare infatti, anche se con probabilità molto basse, che il microbo attenuato torni ad essere patogeno causando il verificarsi della malattia nel soggetto vaccinato. Questo tipo di vaccino, quindi, viene usato quando si è in presenza di un elevato rischio di contagio e il bilancio rischi-benefici è nettamente a favore dei secondi.

Un altro tipo di vaccino in uso oggi è detto vaccino a subunità: in questo caso non si usa l’intero organismo patogeno ma solo delle parti di esso opportunamente purificate. Si tratta di vaccini molto efficaci nei confronti di patologie causate da tossine, sostanze prodotte da batteri, dannose per l’organismo e in grado di innescare una risposta immunologica. Le tossine per essere usate nei vaccini vengono rese innocue mediante appositi trattamenti e si dicono in questo caso “inattivate”, prendendo il nome di tossoidi. I tossoidi mantengono delle tossine il potere immunogenico, innescando una forte produzione di anticorpi che rende efficace la vaccinazione. Questo effetto viene rinforzato mediante la somministrazione combinata di sostanze adiuvanti, ovvero in grado di rendere più efficace la risposta immunitaria al vaccino.  Vaccini di questo genere si usano ad esempio per immunizzare contro tetano e difterite.

Esistono poi i vaccini sintetici, in cui l’antigene viene riprodotto in laboratorio. In questo caso si usa a volte aumentarne il potere immunogenico legandolo a proteine più grandi dette carrier, traduzione inglese per trasportatore. Sono esempi di vaccino sintetico i vaccini usati per l’immunizzazione contro il papilloma virus e contro l’epatite B o la pertosse.

Il movimento contro i vaccini: timori fondati?

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Mappa del gradimento dei vaccini. Fonte: Vaccineconfidence.org

Fin dai tempi di Edward Jenner, i vaccini hanno avuto un vasto gruppo di detrattori i cui argomenti sono in parte cambiati e in parte rimasti costanti nel corso degli anni. All’inizio ciò che più contrariava riguardo la pratica della vaccinazione era l’idea di inoculare prodotti animali nell’uomo e la sensazione che questi interventi si opponessero in qualche modo alla volontà divina. Inoltre iniettare un agente patogeno, anche se inattivo, rappresentava una fonte di incertezza che non tutti erano disposti ad accettare.

La posizione dell’opinione pubblica nei confronti dei vaccini è un fattore molto importante per la salute collettiva e viene monitorata, fra gli altri, dallo studio The vaccin confidence project, i cui risultati sono visionabili sul relativo sito internet. Questo studio analizza la posizione della popolazione delle varie nazioni riguardo le vaccinazioni misurando la percentuale di disaccordo nei confronti di 4 affermazioni:

  • È importante che i bambini vengano vaccinati
  • Complessivamente penso che i vaccini siano sicuri
  • Complessivamente penso che i vaccini siano efficaci
  • I vaccini sono compatibili con la mia fede religiosa

Osservando i risultati dello studio è possibile notare che in Europa c’è una forte sfiducia nella sicurezza dei vaccini, soprattutto in Francia, mentre l’Italia si piazza a metà classifica.

Negli ultimi anni, complice l’aumento esponenziale dei mezzi di divulgazione e la facilità con cui è possibile reperire informazioni che, purtroppo, non sempre si è in grado di valutare obiettivamente, i movimenti contro i vaccini hanno avuto una notevole espansione. Una delle cause scatenanti di questo fenomeno è stata la pubblicazione di uno studio in cui si proponeva una correlazione tra la vaccinazione trivalente per morbillo, pertosse e rosolia e il verificarsi di casi di autismo nei bambini. Questo studio è stato in seguito contraddetto da una serie di altri studi e ritirato in quanto non condotto scientificamente; nonostante ciò, la bomba ormai era stata innescata e ancora oggi se ne parla come di un caso di insabbiamento avvenuto a opera delle industrie farmaceutiche. Il principale imputato come colpevole di causare danni neurologici è il mercurio, contenuto in uno dei conservanti fino a qualche anno fa usato in alcuni vaccini (compreso quello trivalente): il Thimerosal. Una chiara correlazione causa-effetto tra l’etilmercurio contenuto nel Thimerosal e lo svilupparsi di autismo o danni neurologici di altro genere non è stata mai scientificamente dimostrata. Ciò che più ha allarmato l’opinione pubblica riguardo la possibilità di un avvelenamento da mercurio dovuto alle vaccinazioni è stata la scelta dell’americana FDA di imporre notevoli restrizioni alla somministrazione di farmaci contenenti Thimerosal, fino alla loro eliminazione definitiva dal mercato.  In realtà il sistema sanitario americano, volendo limitare le dosi di mercurio assunte con i farmaci, decise di applicare all’etilmercurio le stesse linee guida per la sicurezza usate per il metilmercurio, un composto simile al precedente ma con proprietà differenti, tra cui una minore facilità di eliminazione dall’organismo e una conseguente maggiore probabilità di accumularsi nei tessuti. Non disponendo di risultati scientifici che dimostrassero chiaramente la pericolosità o la sicurezza dell’etilmercurio, la FDA decise di applicare il principio di precauzione e limitare fortemente per poi eliminare del tutto l’uso del Thimerosal nei vaccini, facendo sorgere il sospetto che i vaccini usati fino a quel momento fossero un pericolo per i pazienti. In Europa inizialmente non sono state applicate le stesse restrizioni degli Stati Uniti nei confronti del Thimerosal, alimentando la paura dei genitori di somministrare ai propri figli sostanze pericolose per il loro sviluppo neurologico, timore che persiste anche dopo che la sostanza è stata progressivamente eliminata dai vaccini inoculati durante l’infanzia.

Una convinzione molto diffusa è che le case farmaceutiche coalizzate difendano i propri interessi nuocendo alla salute della popolazione, per poter guadagnare sulle cure che producono. Per questo la famigerata “Big Pharma distribuirebbe farmaci non necessari e inefficaci e contribuirebbe ad avvelenare i pazienti per incrementare la propria clientela. I vaccini sarebbero una componente molto importante di questo meccanismo e perciò intenzionalmente dannosi, inefficaci e inutili. A cominciare dal fatto che il termine “big pharma” non indica un’associazione di industrie farmaceutiche ma è un appellativo che si usa per le aziende farmaceutiche più grandi, una teoria del genere appare azzardata e complottista. In ogni commercio c’è chi guadagna e chi spende, ma nessuno sospetta i distributori di acque minerali di creare un’associazione di stampo mafioso e avvelenare gli acquedotti pubblici. Le industrie farmaceutiche guadagnano con il miglioramento della qualità e della lunghezza della vita perché chi sta bene vuole mantenere a lungo il proprio benessere. Inoltre, esiste un sistema di severi controlli che regola l’immissione e il mantenimento dei farmaci sul mercato e che richiede risultati scientifici costantemente aggiornati riguardanti efficacia e tollerabilità dei prodotti.  Per questi motivi, anche se il mercato farmaceutico comporta sicuramente grossi interessi economici per chi ne fa parte, è altamente improbabile che aziende e Stato operino per avvelenarci coscientemente.

Ma quali sono in realtà i rischi legati alle vaccinazioni? Come per ogni farmaco, ci sono possibili controindicazioni ed effetti collaterali, ma è bene valutarne opportunamente incidenza e natura per confrontarle con le conseguenze delle malattie che la vaccinazione permette di evitare e fare un bilancio obiettivo.

Prendiamo per esempio il morbillo: una malattia, almeno fino a poco tempo fa, piuttosto comune e altamente contagiosa che può causare notevoli complicazioni in tutte le fasce d’età, ma soprattutto in bambini con meno di 5 anni e adulti sopra i 20 anni. Tra le complicazioni comuni più preoccupanti: 1 paziente su 10 sviluppa infezioni dell’orecchio che possono portare alla perdita permanente dell’udito. In 1 caso su 20 il morbillo causa polmoniti e in 1 paziente su 2000 encefaliti, che necessitano ospedalizzazione e possono comportare danni neurologici irreversibili o morte, che si verifica in 1 caso di morbillo su 3000. D’altra parte tra gli effetti collaterali riportati in seguito alla vaccinazione trivalente contro morbillo, rosolia e parotite, oltre alle conseguenze comuni come rossore in corrispondenza del sito di iniezione o febbre, ci sono le encefaliti che, come già detto, sono relativamente frequenti in caso di malattia conclamata, mentre si verificano in circa 1 soggetto vaccinato ogni 1-2 milioni di dosi distribuite, una frequenza che si discosta poco da quella osservata nella popolazione non vaccinata.

Vaccinarsi e vaccinare: una scelta etica

Alla fine del nostro piccolo viaggio nel mondo dei vaccini è logico concludere che per patologie che possono causare complicazioni molto gravi è importante ricorrere alle vaccinazioni, che costituiscono un metodo di prevenzione del problema e, se opportunamente organizzate, permettono in alcuni casi di debellare completamente la malattia. Proprio per questi motivi la vaccinazione, quando è possibile farla, diventa un dovere etico nei confronti delle generazioni future ma anche della società attuale in cui viviamo noi e i nostri figli. Ci sono infatti delle condizioni in cui la vaccinazione è controindicata, ad esempio a causa di un’allergia al vaccino, per motivi medici di varia entità o, più banalmente, perché non si rientra nella fascia d’età per cui è prevista la copertura vaccinale. In tutti questi casi si è suscettibili alla malattia e coloro che non sono vaccinati costituiscono un bacino di infezione per i patogeni, che si trasmettono da individuo a individuo. Consentire a un patogeno di sopravvivere e replicarsi aumenta anche la probabilità che questo vada incontro a mutazioni, che potrebbero renderlo resistente all’effetto del vaccino o delle cure che abbiamo attualmente a disposizione per combatterlo. Abbassare il numero di soggetti potenzialmente infettabili significa abbassare il rischio di contagio per tutti, che essi abbiano o meno la facoltà di scegliere se sottoporsi a vaccinazione. La possibilità di scegliere è quindi un potere di valore tutt’altro che trascurabile; bisogna perciò esercitarla con la consapevolezza delle conseguenze che ciascuna scelta può provocare.