Rissa rutula

L’ennesimo episodio di minacce e aggressività verbale registrato nell’ultimo consiglio comunale ad Ardea non è una notizia. Non ha il carattere della novità, né dell’eccezione. Purtroppo.

Al di là dei toni e delle parole utilizzate dal consigliere Caratelli (parole e toni che richiederebbero ferma condanna e presa di distanza anche dai colleghi di partito), basta frequentare anche sporadicamente i lavori del Consiglio rutulo per capire che quello che è successo qualche giorno fa nell’Aula Pertini non è poi tanto diverso da ciò che si verifica spesso e volentieri durante i lavori della più alta assise cittadina.

Quello che dovrebbe essere l’organo democratico di indirizzo politico – infatti – è spesso luogo di scontri, urla, aggressioni verbali. Non appena gli animi si scaldano (assai spesso in verità), i consiglieri di qualsiasi parte politica sono soliti parlarsi l’uno sopra l’altro, agitarsi, lasciarsi andare a urla e invettive. Il pubblico – numericamente poco consistente e piuttosto abituale – prende parte allo scontro quasi sempre, anch’esso urlando, commentando ad alta voce, mugugnando, intonando cori, applaudendo la propria parte politica e protestando con enfasi contro gli interventi degli avversari. 

Basta guardare – anche usufruendo delle registrazioni online – una seduta qualsiasi di un consiglio di una Città limitrofa per rendersi conto della distanza abissale tra il “dibattito” ad Ardea e altrove. Non è un episodio, è una questione “di sistema”. Non è una caratteristica del Movimento 5 Stelle, ma è una (cattiva) abitudine connotata nella storia della nostra Città e nella classe dirigente che essa è stata capace di partorire in questi anni.

Sarà che l’etimologia piuttosto discussa della parola “Ardea” rimanda, secondo alcuni, al fuoco che divorò (e forse ancora anima) l’antica Città dei Rutuli. Ma nei primi cinquant’anni della nostra Città – festeggiati da poco, anche qui tra le immancabili polemiche – sembra che Ardea non abbia saputo produrre (se non con le immancabili dovute eccezioni) un dibattito politico magari aspro ma proficuo e positivo per la collettività.

Come sanno bene gli osservatori della politica infatti le urla, i toni sempre sopra le righe, le occupazioni dell’aula o le aggressioni (verbali e non) sono sempre inversamente proporzionali alla quantità e alla qualità delle decisioni prese, degli atti prodotti (da chi amministra e da chi fa opposizione) e più in generale a quella del dibattito che ruota attorno al governo di una Città. Trasformare ogni Consiglio comunale in una Corrida, in una puntata sbilenca di “Uomini e Donne”, non serve a niente. Allontana i (già piuttosto distanti) cittadini dalla politica, che diventa sempre più un affare di “pochi intimi”. 

Così, ogni cambiamento diventa assolutamente effimero, in un’epoca in cui incidere sullo status quo appare sempre più un miraggio.