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Referendum: istruzioni per l’uso

Il prossimo 4 dicembre gli Italiani sono chiamati a pronunciarsi sulla Riforma Costituzionale approvata lo scorso 12 aprile dal Parlamento.

Per aiutare i nostri concittadini a decidere con coscienza, noi de il Turno abbiamo sintetizzato tutte le questioni cui la Riforma ha messo mano e sulle quali dovremo esprimere il nostro voto.

Lo facciamo cercando di esaminare nella maniera più esaustiva possibile le modifiche introdotte, senza esprimere un giudizio di merito. Il ruolo di un buon mezzo di informazione è appunto informare, offrire chiavi di lettura ed approfondimenti.

Su cosa siamo chiamati a votare?

Il referendum chiama gli Italiani ad esprimersi sulla Riforma Costituzionale approvata dal Parlamento su proposta del Governo Renzi.

Si tratta di un referendum costituzionale, previsto dalla nostra Costituzione per confermare una riforma della stessa Costituzione che non abbia ottenuto il consenso dei 2/3 dei membri del Parlamento. A differenza però di quello abrogativo (che ha come scopo la soppressione di una legge o di parti di essa), il Referendum Costituzionale non ha bisogno di quorum: il risultato sarà valido anche se si recherà alle urne meno della metà degli aventi diritto.

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Il quesito riporta l’oggetto della legge (“disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione”) e la data della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Chi vota SI, si dichiara a favore dell’entrata in vigore della Riforma. Chi vota NO, invece, si pronuncia contro.

Il percorso della Riforma

Il DDL (Disegno di Legge) di riforma della Costituzione è stato presentato dal Governo al Senato l’8 aprile 2014 ed approvato in via definitiva dalla Camera dei Deputati dopo poco più di due anni e ben 6 approvazioni (3 da parte di ciascun ramo del Parlamento).

L’art. 138 della Costituzione prevede infatti per questo tipo di leggi due approvazioni distinte (dello stesso testo) da parte di ciascuna Camera, a distanza di non meno di tre mesi l’una dall’altra. Ma il DDL Boschi (così chiamato perché il Ministro delle Riforme del Governo Renzi ne è stata la prima firmataria) è stato modificato nel corso della seconda votazione e dunque il conteggio è dovuto ripartire.

Le approvazioni del DDL Boschi da parte del Parlamento (fonte: Openpolis):

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Fine del bicameralismo perfetto

La prima grande novità introdotta dalla Riforma è la fine del bicameralismo perfetto, ovvero la differenziazione delle funzioni delle due Camere che insieme compongono il nostro Parlamento.

In sostanza, la Riforma Boschi prevede che siano i soli membri della Camera dei Deputati a rappresentare la Nazione e a votare la fiducia al Governo (nuovo art. 55). Alla Camera spetterà la funzione legislativa, di indirizzo politico e di controllo dell’operato del Governo.

Essa, inoltre, avrà competenza esclusiva su una serie di atti che fino ad oggi spettavano ad entrambe le camere:

  • Dichiarazione dello Stato di Guerra;
  • Amnistia e indulto;
  • Ratifica dei Trattati internazionali (tranne quelli che riguardano l’Unione Europea)
  • Approvazione annuale del Bilancio
  • Formazione di Commissioni parlamentari di Inchiesta;
  • L’autorizzazione per sottoporre Presidente del Consiglio e Ministri alla giurisdizione ordinaria per reati commessi nell’esercizio delle proprie funzioni.

La fine del bicameralismo perfetto segnerà anche la fine della cosiddetta navetta parlamentare di un disegno di legge tra le due camere: la Costituzione, infatti prevede oggi che lo stesso testo venga approvato sia dal Senato che dalla Camera dei Deputati.

Se approvata, la Riforma consentirà ad un provvedimento di divenire legge dopo la sola approvazione della Camera dei Deputati, fatte salve alcune eccezioni e con alcune limitazioni di cui parleremo più avanti.

La Riforma introduce anche la previsione di uno Statuto delle opposizioni, da integrare nel regolamento della Camera dei Deputati. Lo statuto è un documento che mira a istituzionalizzare e garantire il ruolo delle opposizioni parlamentari.

Infine, la nuova Costituzione sancisce per i Parlamentari “il dovere di partecipare alle sedute dell’assemblea e ai lavori delle Commissioni” (articolo 64) per limitare fenomeni di assenteismo, abbastanza diffusi fino ad oggi. Spetterà ai regolamenti di Camera e Senato indicare come tale dovere debba esser assicurato.

Composizione e funzioni del nuovo Senato

La novità più rilevante, nell’assetto istituzionale concepito dalla Riforma Renzi-Boschi, riguarda sicuramente la composizione e le funzioni del Senato della Repubblica. Il nuovo Senato rappresenta, infatti, non più la Nazione, ma le istituzioni territoriali e svolge essenzialmente una funzione di collegamento tra esse e lo Stato centrale.

Esso conserva la funzione legislativa, ma solo in alcuni casi: riforme costituzionali, leggi che riguardino le minoranze linguistiche, referendum, enti locali, raccordo tra Stato, istituzioni territoriali e Unione Europea, valutazione di politiche pubbliche e atti della pubblica amministrazione. Potrà anche “svolgere attività conoscitive, nonché formulare osservazioni su atti o documenti all’esame della Camera dei deputati” in virtù del nuovo art. 70, comma 2.

Il nuovo Senato sarà composto da 100 senatori, invece che dai 320 attuali (315 elettivi + 5 senatori a vita).

Dei nuovi senatori, 95 saranno eletti dai Consigli regionali e delle Province autonome di Trento e Bolzano tra i propri membri e tra i sindaci delle maggiori città (1 sindaco per ogni regione). La loro carica avrà la stessa durata del mandato da consigliere regionale o sindaco.

La nuova Costituzione demanda la disciplina dell’elezione dei senatori ad apposita legge, come avviene normalmente per tutte le leggi elettorali.

Secondo il Servizio Studi della Camera dei Deputati, questa dovrebbe esser la distribuzione dei seggi nel nuovo Senato:

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I restanti 5 senatori saranno nominati dal Presidente della Repubblica e dureranno in carica 7 anni. Scompariranno così i senatori a vita, fatta eccezione per gli ex Presidenti della Repubblica e per gli attuali senatori a vita (norma transitoria).

Inoltre non ci saranno limiti d’età per divenire senatori (oggi potevano esser eletti solo cittadini con più di 40 anni d’età).

Infine, i senatori non riceveranno indennità, ma godranno di un rimborso per le spese di soggiorno e per l’esercizio del mandato (circa 6.500 euro al mese). Avranno anche diritto all’immunità parlamentare, come avviene attualmente in tutti gli stati democratici: non potranno esser perseguiti per le proprie opinioni o per il voto espresso, né potranno esser arrestati o sottoposti a intercettazioni, senza autorizzazione.

Il procedimento legislativo

Come già accennato, la nuova Costituzione, che entrerà in vigore se la Riforma Renzi-Boschi verrà approvata, sancisce la fine del procedimento legislativo bicamerale, attualmente previsto dal nostro ordinamento.

Il nuovo procedimento legislativo, cioè le modalità con cui una legge viene approvata, potrà essere di due tipi:

A. Procedimento bicamerale: come avviene oggi, lo stesso testo deve esser approvato dalle due Camere, per divenire legge.

Questo procedimento si applica a diverse tipologie di leggi (16 in tutto, secondo il nuovo articolo 70), che il Servizio Studi della Camera dei Deputati ha raggruppato in tre categorie:

  • Leggi di sistema o di garanzia, come le leggi di revisione della Costituzione, le leggi sui referendum o sulla partecipazione del nostro Paese all’Unione Europea;
  • Leggi sul Senato e sui senatori;
  • Leggi che riguardino gli enti territoriali (Comuni, Città Metropolitane e Regioni)

B. Procedimento monocamerale: le leggi sono presentate e approvate dalla sola Camera dei Deputati. Tuttavia, il testo approvato viene subito trasmesso al Senato, che ha 10 giorni di tempo per chiedere di esaminarlo (su richiesta di 1/3 dei propri membri). Da quel momento, il Senato disporrà di 30 giorni per elaborare e proporre modifiche al testo, che la Camera può approvare o respingere, a maggioranza semplice.

Come fatto notare dal Corriere della Sera, il procedimento monocamerale prevede altre due tipologie di iter parlamentare in due casi specifici:

  1. Procedimento monocamerale rinforzato:l’art. 70 comma 4 prevede che nei casi in cui il Governo sollevi la “clausola di supremazia” (intervenendo in ambiti di competenza delle Regioni), il Senato abbia 10 giorni di tempo per esaminare il testo, senza necessità che ne faccia richiesta 1/3 dei propri membri. Le modifiche, se approvate dal Senato con maggioranza assoluta, possono essere rigettate dalla Camera dei Deputati solo a maggioranza assoluta.
  2. Procedimento monocamerale di bilancio (art. 70 comma 5): per le leggi di Bilancio, l’esame del Senato avviene in via automatica, ma le modifiche debbono esser suggerite necessariamente entro 15 giorni (e non 30).

Iniziativa legislativa (Art. 71)

È il primo atto del procedimento legislativo per la formazione delle leggi ordinarie. Oggi si esercita con la presentazione di un progetto di legge, redatto in capi ed articoli, ad una delle Camere. Successivamente, ogni Camera è tenuta a prendere in considerazione la proposta di legge.
Sono titolari dell’iniziativa il Governo, i singoli parlamentari, il corpo elettorale, il C.N.E.L., i Consigli regionali e i Consigli comunali.

Con la riforma costituzionale, la presentazione di un progetto di legge avverrebbe sempre alla Camera dei Deputati, organo preposto alla prima lettura e destinatario esclusivo dei disegni di legge d’iniziativa dei Consigli regionali. Il Senato della Repubblica, con deliberazione adottata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, può richiedere alla Camera dei deputati di procedere all’esame di un disegno di legge: in tal caso, la Camera dei deputati procede all’esame e si pronuncia entro il termine di sei mesi dalla data della deliberazione.

Come già detto una legge può essere promulgata nel caso in cui il Senato della Repubblica non ne richieda un esame entro il termine di 30 giorni o la Camera dei deputati si sia pronunciata in via definitiva.

 

Voto a data certa – Disegno di Legge (Artt. 70-72)

Il disegno di legge (ddl) è una proposta di testo normativo redatta in articoli e preceduta da una relazione esplicativa, che viene sottoposta all’esame delle Camere. Alla Camera, a differenza del Senato, il termine “disegno di legge” è riservato alle sole proposte di iniziativa del Governo. Al Senato invece si usa il termine “disegno di legge” per tutte le iniziative legislative.

Ad eccezione di leggi elettorali, leggi di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali, leggi bicamerali, e leggi che richiedono maggioranze qualificate, il Governo può chiedere alla Camera dei deputati di deliberare, entro cinque giorni dalla richiesta, che un disegno di legge indicato come essenziale per l’attuazione del programma di governo sia iscritto con priorità all’ordine del giorno e sottoposto alla pronuncia in via definitiva della Camera dei deputati entro il termine di settanta giorni dalla deliberazione. In tali casi, i per la richiesta di esame di un progetto di legge da parte del Senato sono ridotti della metà. Il termine può essere differito, di non oltre quindici giorni, in relazione ai tempi di esame da parte della commissione nonché alla complessità del disegno di legge.

Iniziativa popolare

L’attuale secondo comma dell’articolo 71 stabilisce che “il popolo esercita l’iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli”. Negli anni, l’impiego di questo strumento ha trovato scarsa applicazione. Dal 1979 a oggi, su 260 proposte venute dai cittadini, solamente 3 sono diventate legge e 137 (53%) non sono state neanche mai discusse in Commissione.

Con la riforma costituzionale si avrebbe una sostanziale variazione del principio, poiché se da una parte il numero di firmatari di ogni proposta dovrà essere di almeno 150’000 elettori, la discussione e la deliberazione conclusiva sulle proposte di legge d’iniziativa popolare sarebbero costituzionalmente garantite (Art. 71, comma 3).

 

Referendum abrogativo e propositivo

Con la riforma verrebbero istituiti i referendum popolari propositivi di indirizzo. Le dinamiche di attuazione non vengono però chiarite nel testo del disegno di legge, ma saranno determinate da un’apposita legge approvata da entrambe le Camere.

Per quanto riguarda il referendum abrogativo, qualora questo venga promosso da almeno 800mila elettori, la proposta di riforma introduce un nuovo quorum pari alla maggioranza più uno dei votanti alle ultime elezioni della Camera.

Elezione del Presidente della Repubblica

La legge Boschi prevede che la votazione del Capo dello Stato venga effettuata dal solo Parlamento in seduta comune, senza la partecipazione dei 59 delegati regionali (abrogazione art. 83, comma 2). Anche i quorum per l’elezione cambierebbero: maggioranza dei due terzi dei componenti per i primi tre scrutini, dei tre quinti dal quarto scrutinio e, dal settimo, la maggioranza dei tre quinti dei votanti (art. 83, comma 3 – ddl).

 

Elezione giudici Corte Costituzionale (Art. 135)

5 dei 15 giudici della Corte Costituzionale che oggi sono eletti dalle Camere in seduta comune saranno eletti separatamente: 3 dalla Camera e 2 dal Senato.

Ricordiamo che I giudici della Corte costituzionale sono nominati per nove anni, decorrenti per ciascuno di essi dal giorno del giuramento, e non possono essere nuovamente nominati. L’elezione in Parlamento avviene attualmente con scrutinio segreto a maggioranza dei due terzi dei componenti dell’assemblea riunita. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei componenti dell’assemblea plenaria.

Il quorum resta invariato ma deve essere riferito ai componenti di ciascuna Camera, individualmente considerata. Il primo giudice eletto spetterà alla Camera, il successivo al Senato e così via, fino al rinnovo dei 5 giudici a nomina Parlamentare. A seguire, al termine del mandato di ciascun giudice eletto da una delle due Camere, sarà la medesima Camera che ha eletto il giudice uscente a doverne eleggere il sostituto.

Abolizione del CNEL

La Riforma sottoposta a referendum domenica prossima abolisce il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL), abrogando l’art. 99 della Costituzione che ne regolava funzioni e composizione.

Il CNEL è un organismo formato da esperti e rappresentanti delle categorie produttive, che ha funzione consultiva (“è organo di consulenza delle Camere e del Governo” recita il secondo comma dell’articolo 99) e potere di iniziativa legislativa.

 

Abolizione delle Province

Nel 2014, con l’approvazione della Legge Delrio, il Governo aveva già svuotato le Province di gran parte delle proprie funzioni, rendendole, di fatto, degli enti di secondo livello, organismi di coordinamento tra i Comuni. La stessa legge aveva istituito le Città Metropolitane, regolandone istituzione e funzioni.

Ora, la Riforma Boschi cancella il riferimento alle Province dagli articoli della Costituzione, rendendo possibile la soppressione definitiva degli enti per legge ordinaria, se nel futuro i Governi lo riterranno opportuno.

Riforma Titolo V Costituzione – le leggi dello Stato e le leggi delle Regioni (Artt. 116-117)

La riforma costituzionale rivede profondamente anche la ripartizione di competenze tra Stato e Regioni sancita dall’articolo 117 della Costituzione. È stato così recepito l’orientamento espresso a più riprese dalla giurisprudenza in concomitanza dei conflitti di interpretazione occorsi fra Stato e Regioni, in seguito alla modifica attuata nel 2001.

La riforma abolisce la definizione di legislazione concorrente: materie su cui fino ad ora lo Stato definiva criteri generali mentre le Regioni legiferavano nel dettaglio, ora saranno redistribuite tra materie di esclusiva competenza dello Stato o delle Regioni (articolo 117, comma 2). La competenza esclusiva dello Stato riguarderà temi come la previdenza, la tutela e la sicurezza sul lavoro, le politiche sociali e il turismo (queste ultime due fino ad oggi di competenza residuale delle Regioni).

Il testo individua poi competenze specifiche delle Regioni come l’organizzazione in ambito regionale dei servizi alle imprese e la promozione dello sviluppo economico locale. Una novità riguarda invece l’attribuzione alle Regioni di una nuova materia: la rappresentanza delle minoranze linguistiche.

Infine vi saranno materie su cui sarà possibile sia una legislazione dello Stato che una regionale, ma secondo i limiti e gli ambiti fissati dal nuovo dettato costituzionale (vedi lo schema de Il Post, riportato sotto). In questa categoria può essere ad esempio individuata la tutela della salute, per la quale allo Stato spetteranno le disposizioni generali per la sua tutela, mentre le Regioni si occuperanno dell’organizzazione e della programmazione dei servizi sanitari.

Il potere statale, secondo il Servizio Studi della Camera, uscirebbe ad ogni modo rafforzato dalla riforma.

Elemento contraddittorio e oggetto di interesse da parte dei critici della riforma è la “clausola di supremazia”, che lo Stato potrà esercitare nei confronti delle Regioni a tutela dell’unità della Repubblica e dell’interesse nazionale. Infatti, citando il testo della Legge Boschi: “Su proposta del Governo, la legge dello Stato può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale”.

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