Giovani e promozione della città: ecco le priorità per Pomezia

Intervista ad Andrea Ruggeri, Associazione Grande Pomezia

Andrea Ruggeri è fondatore dell’Associazione Grande Pomezia, da anni impegnata in progetti formativi a favore degli studenti della città e nella creazione di spazi di incontro tra scuola, istituzioni e settore produttivo. Per capire dove sta andando Pomezia, anche in vista del voto del prossimo 10 giugno, abbiamo scelto di partire da lui, che forse più di altri ha a che fare con il futuro della città, con i più giovani cittadini pometini e con le realtà produttive che hanno segnato gran parte del passato del nostro territorio e vorrebbero ancora contribuire a determinarne il futuro.

Al dott. Ruggeri, abbiamo rivolto alcune domande sulla situazione attuale e sulle priorità che dovrebbe trovare la politica cittadina nella prossima consiliatura.

Come è cambiata (se è cambiata) la Città di Pomezia negli ultimi anni?

«Partiamo da ciò che oggi è Pomezia. Innanzitutto, insieme ad Aprilia, la nostra città rappresenta il secondo polo farmaceutico d’Italia dopo Milano ed è tra i primi poli logistici del Paese, con una significativa presenza (in crescita) di aziende nel settore delle nuove tecnologie. Con Torvajanica, è una delle finestre di Roma sul Tirreno. Una città giovane, con un associazionismo attivo e una numerosa presenza di parrocchie e oratori, dall’alto valore sociale ed educativo.

Come mai nessuna amministrazione è stata in grado di capitalizzare questo potenziale? Credo che occorra andare oltre l’ordinaria amministrazione, pensare seriamente al lavoro, alla sicurezza, al problema della casa, trasformare in risorsa le nuove generazioni ma anche, in eguale importanza, occuparsi degli anziani, memoria storica e supporto di grande valore, e dei disabili. Sostenere l’ammodernamento infrastrutturale, su gomma e ferro, dell’intero sud-pontino. E poi, promuovere all’estero il nostro comparto industriale e realizzare un’offerta turistica che sia prima pensata e progettata da grandi esperti del settore e solo successivamente promossa».

Quali sono i bisogni più rilevanti che lei intercetta nel suo lavoro quotidiano?

«Quotidianamente riscontro quanto sia necessario sburocratizzare l’intero Sistema Paese, facilitarne i meccanismi, apportare migliorie, coordinare e favorire l’incontro tra domanda e offerta, incentivare lo sviluppo dei rapporti umani e puntare sulla formazione continua del personale impiegato sia nel pubblico che nel privato.

La politica dovrebbe investire energie nel creare nuovo lavoro senza puntare tutto sull’assistenzialismo, alla ricerca disperata di qualche voto. Se vogliamo che tra trent’anni il nostro Paese sia più competitivo di oggi, dobbiamo cambiare rotta e ripensare completamente la scuola e il lavoro. Il futuro è per definizione cambiamento e non sta ad aspettare».

Quali priorità dovrebbero guidare, secondo lei, l’azione della nuova amministrazione che guiderà Pomezia nel prossimo quinquennio?

«Innanzitutto, promuovere la città di Pomezia attraverso un ricco calendario di eventi distribuiti nei dodici mesi. Spesso si dice che a Pomezia non si riesce a fare nulla di attrattivo, perché è troppo vicina a Roma. Io credo sia una stupidità enorme. Anche Fiano Romano e Albano distano pochi minuti dalla Capitale, eppure durante l’anno ci sono importanti manifestazioni, che riescono a creare sinergie tra associazioni, attività commerciali, cittadini. Insomma, altrove sono in grado di fare sistema e i risultati si vedono. A Pomezia, salvo iniziative dei singoli o eventi “spot”, non esiste alcun programma di valorizzazione delle associazioni o un piano annuale da diffondere nella regione.

In secondo luogo, credo che la nuova amministrazione dovrebbe puntare fortemente sui giovani. Se adeguatamente stimolati, rappresentano una grande risorsa. Una società cresce anche attraverso il dialogo tra le Pubbliche Amministrazioni e i giovani e attraverso un rapporto diretto con il mondo industriale. Si dovrebbe creare una sana triangolazione pubblico-giovani-impresa, per dare un futuro al nostro territorio e per fare in modo che il nuovo corso sia tracciato proprio da quelle nuove generazioni che oggi siedono tra i banchi di scuola».