Politeness – Viaggio negli Stati Uniti

Sono stato tre mesi negli Stati Uniti, a Los Angeles. Stavolta, non da turista, ma da studente. Quando hai la fortuna di trascorrere un periodo relativamente lungo in un qualsiasi posto, riesci più facilmente ad immergerti nella cultura locale e a capire molte più cose – o almeno a cercare di farlo. Ho raccolto qualche annotazione e pensiero sulla cultura americana, così diversa, ma a tratti simile alla nostra.

Politeness

La prima cosa si può notare arrivando negli Stati Uniti è l’estrema considerazione che le persone hanno del prossimo e, soprattutto, uno strano atteggiamento di cortesia verso chiunque abbiano davanti. Lo definisco “strano” perché in effetti in molte parti d’Italia non siamo più abituati alla gentilezza. Qui le persone ti salutano anche se non ti conoscono, chi lavora nei negozi ti chiede “come va” anche se non ti ha mai visto, se ti vedono in difficoltà in mezzo ad una strada si fermano e ti chiedono se hai bisogno di una mano. È  tutto naturale, non bisogna fare nulla per catturare l’attenzione altrui.

Ricordo la mia prima volta a New York. Mi ero praticamente perso tra tutte quelle strade così simili. Un giovane uomo in giacca e cravatta, in pochi secondi, mi ha mostrato la mappa della città dal suo cellulare e ha cominciato a darmi indicazioni.

L’altro giorno ho preso l’autobus. Un uomo anziano con il carrello doveva scendere. L’autista quando lo ha visto approssimarsi verso l’uscita, ha fermato l’autobus e lo ha aiutato. Nello stesso giorno ho dovuto pagare il biglietto in contanti – il biglietto si paga inserendo i soldi in una macchinetta quando sali sull’autobus, proprio sotto gli occhi dell’autista, altrimenti il tuo viaggio finisce prima ancora di iniziare – ma avevo solo una banconota da 20 dollari e la macchinetta non dava resto. Così l’autista mi ha consigliato di chiedere agli altri passeggeri se avessero da cambiare. Ad un certo punto una ragazza, vedendomi in difficoltà, mi ha offerto i due dollari del biglietto. Pazzesco.

Un’altra lezione di civiltà e di educazione è sicuramente il grande rispetto che hanno nei confronti del prossimo. Qui nessuno si sognerebbe mai di prendere in giro una persona obesa o con disabilità né di fischiare vedendo una bella ragazza. Se sul posto di lavoro il capo si permette di fare anche solo un complimento a una sua dipendente per una scollatura, viene immediatamente licenziato.

C’è chi, però, vede dietro a tutti questi gesti anche un briciolo di ipocrisia; sembra, a volte, si tratti di una gentilezza “forzata”. In effetti, può accadere di pensare che qualcuno, magari qualche commesso, ti saluti solo perché sia obbligato a farlo. In fondo la gentilezza non sempre si può insegnare e non a tutti riesce naturale. Per strada per esempio assisto a scene un po’ diverse. Forse al volante siamo più impazienti, più frenetici o forse più autentici. Fatto sta che se qualcuno prova anche solo a tagliare leggermente la strada, si attaccano al clacson ripetutamente e li senti imprecare nonostante i finestrini siano chiusi. A Roma invece questo stile di guida lo considereremmo una prassi.

Il Dalai Lama avrebbe detto: ”Sii gentile quando è possibile. E’ sempre possibile”.