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Io non mi chiamo Miriam di Majgull Axelsson

“Io non mi chiamo Miriam” è un romanzo che può essere annoverato tra i classici, pur essendo stato pubblicato in italiano nel 2016 perché, come diceva Calvino, un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che deve dire.

L’autrice svedese racconta la storia di una donna anziana, Miriam, partendo dal giorno del suo ottantacinquesimo compleanno. In quel giorno speciale Miriam svelerà a sua nipote chi è veramente per la prima volta dopo essere scampata ai campi di concentramento, lì dove è iniziata la sua seconda vita, l’unica nota a tutti.

Digressione dopo digressione, l’autrice descrive poco alla volta il passato di Miriam: il suo vero nome è Malika e non è ebrea ma una rom che viveva in Germania, vicino Monaco, con la sua famiglia, con la quale viene deportata prima ad Auschwitz e poi a Ravensbruk. Malika entra ad Auschwitz da rom, con il triangolo marrone sulla divisa, e ne esce con la stella gialla, da ebrea, con il nome di Miriam.

Quello scambio d’identità consentirà a Miriam di avere una vita tranquilla e agiata, nella pacifica Svezia, lontana dai pregiudizi che avrebbe continuato a subire da rom. Ma gli incubi e i ricordi strazianti che riaffiorano di tanto in tanto non possono essere sommersi e vengono descritti con grande realismo. Il principale merito dell’autrice è nel non limitarsi a farci osservare Miriam, ma farci vivere con lei. Un esempio su tutti: il brano in cui viene descritta Miriam, che nel campo di concentramento trova una mela, la nasconde e poi, appena le è possibile, la morde con il terrore che qualcuno la veda. In quel momento la dolcezza della mela è nella bocca del lettore come è in corpo l’adrenalina per aver scampato il pericolo di essere aggredita. Molto interessante è anche il modo di mostrare le relazioni sia tra Miriam e i suoi affetti, sia tra i familiari, con tutti quelle tensioni e quei risentimenti inespressi che possono esplodere improvvisamente o restare silenziosi per sempre.

Un romanzo completo, nel quale le descrizioni e i riferimenti storici sono puntuali, come per altro evidenziato da un interessante postfazione, una storia vera della quale ben tre personaggi sono ispirati a persone realmente esistite.