La città metropolitana e lo scontro infinito Fucci vs Zingaretti

La nuova consiliatura targata Virginia Raggi è appena partita e la Città Metropolitana è già divenuta oggetto di scontro “istituzionale”. Sono notizia di qualche giorno fa infatti, le dichiarazioni al vetriolo del vicesindaco Fucci nei confronti del presidente della Regione Lazio Zingaretti, in merito alle funzioni che l’ente dovrebbe assumere e ai rapporti con i livelli di governo superiori.

L’era Raggi all’insegna dello scontro

Lo scontro istituzionale in realtà era facilmente prevedibile.

Innanzitutto perché il nuovo quadro politico che i partiti consegnano all’Italia in questa nuova “presunta” Terza Repubblica è quello di un sistema tripolare estremamente conflittuale. L’accordo politico che era stato alla base del periodo costituente – ma anche di tutta la Prima Repubblica – è ormai un vago ricordo: i programmi TV son pieni di politici che urlano per spiegare (a chi poi?) che votare per il proprio partito non è più un’opzione democratica, ma l’unico gesto per compiere la missione salvifica della distruzione delle fazioni opposte.

E poi le elezioni di secondo livello, con le quali tutti i consiglieri comunali dei 121 Comuni della Città Metropolitana hanno scelto i 24 membri del Consiglio metropolitano, ci consegna un “parlamentino provinciale” senza maggioranza. Il Movimento 5 Stelle, che esprime il Sindaco (e numerose giunte dell’hinterland romano) non è riuscito a conquistare i 13 seggi in grado di assicurare una consiliatura tranquilla e serena.

Così, i 9 consiglieri “di maggioranza” dovranno vedersela con gli 8 espressi dal PD e i 7 dispersi nei vari gruppi consigliari di centrodestra (ben 4 gruppi!). E per un organismo nato per coordinare ed assicurare sviluppo omogeneo di un’area così vasta, non è proprio una buona notizia.

Fucci vs Zingaretti

L’apice dello scontro si è però registrato in seguito alla nomina di Fabio Fucci come vicesindaco della Città Metropolitana. Il sindaco di Pomezia è stato uno dei primi amministratori del Movimento 5 Stelle nel territorio dell’ex Provincia di Roma. È forse per questo (oltre che per la fama di buon amministratore che lo circonda) che Virginia Raggi lo ha voluto come vice in un compito così delicato.

Fucci, però, è anche uno dei più agguerriti oppositori a Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio, con il quale i rapporti sono stati tesi sin dai primi mesi di coabitazione. Molti ricorderanno, infatti, la polemica sul doppio menù delle scuole nel lontano 2014, quella sugli incendi sulla Pontina questa estate, fino alla nomina del commissario ad acta per gli immobili di via Almirante a Pomezia. Tutte vicende che hanno via via reso sempre più tesi i rapporti tra l’inquilino di via Cristoforo Colombo e quello di piazza Indipendenza a Pomezia.

Ora l’oggetto del contendere è, invece, la legge che la Regione Lazio sta discutendo da febbraio, per regolare funzioni, competenze e rapporti con Roma Capitale, la Città Metropolitana e i singoli comuni del Lazio. In ballo, non c’è solo la ripartizione dei compiti (impresa già di per sé piuttosto ardua) ma anche la questione delle risorse e delle disponibilità economiche di ciascun ente.

Sentito di fronte alla Commissione Affari costituzionali del Consiglio regionale, il vicesindaco della Città Metropolitana ha denunciato il “tentativo di svuotare l’Ente metropolitano […] (togliendo ad esso) competenze che potrebbero tornare utili elettoralmente a Zingaretti”.

La proposta del Vicesindaco è quella di rallentare l’iter di approvazione della legge – che in realtà è praticamente fermo da due anni, come ha osservato lo stesso Sindaco Raggi durante la sua audizione alla Pisana sullo stesso tema – per “tutte le forze politiche ed istituzionali presenti in Città metropolitana, su un argomento che inciderà profondamente sulla vita dell’Ente e che riguarda il nuovo assetto istituzionale”.

Le regole del gioco e il bisogno di Politici

Fucci ha ragione. La definizione delle “regole del gioco” richiede ampia partecipazione delle forze politiche e sociali. Una responsabilità che spetta innanzitutto a chi è chiamato a guidare il processo. Tuttavia, la sfida della definizione del nuovo assetto degli enti locali ha bisogno anche del clima giusto. Clima che risente del contributo di tutte le forze politiche, siano esse di maggioranza o di opposizione.

Non vorrei qui fare la “paternale” a Fucci o a Zingaretti, che comunque agiscono e si comportano come attori del normale gioco delle parti, tante volte visto nella politica nazionale come in quella locale.

Il punto però è che dall’assetto che Città Metropolitana, comuni e Regione assumeranno e dall’impegno corale dei politici che saranno chiamati a guidarne le rispettive sorti dipende la possibilità di sviluppo per il nostro territorio. In un momento di crisi, economica e sociale, che tarda a tramontare.

Per questo motivo, “il normale gioco delle parti” oggi non fa l’interesse di nessuno. Per questo motivo, avremmo bisogno che i nostri amministratori divenissero anche dei buoni politici. Che passassero cioè dalla capacità di asfaltare strade o eliminare ticket, a quella – ben più difficile – di superare legittimi interessi di parte, per trovare insieme e costruire un bene superiore, il bene di tutti.