Italians do it Better

La generazione a cui appartengo si chiama Millenials o Generazione Y ed è quella nata poco prima del nuovo millennio.
Siamo, a quanto pare, caratterizzati da una predisposizione verso i media, la tecnologia e l’innovazione. Siamo pure il futuro dice qualcuno (probabilmente chi ha coniato il termine).

È notizia di poco tempo fa che moltissimi italiani siano andati a vivere all’estero quest’anno.
In realtà sembra una cosa normalissima data la condizione del nostro Paese.
La vera notizia è quella che riporta, che ancora più italiani siano andati a studiare/lavorare in un altro paese, “scappando” via dall’Italia.

Secondo la Fondazione Migrantes, che ogni anno rilascia un censimento riguardante l’emigrazione, lo scorso anno (2015) sono stati ben 107mila i nostri connazionali a lasciare il paese.
Un incremento del 6,2% all’anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire) per un totale di 6.232 persone.

Quelli che stanno andando via sono principalmente i giovani tra i 18 e i 34 anni (39.410, il 36,7%) e come mete, per la loro nuova vita, scelgono in primis la Germania, poi Gran Bretagna, Spagna e altri paesi europei. Non mancano altre nazioni ad accogliere e a veder nascere comunità italiane: America, Sudamerica e poi stati dell’Asia come la Cina e perfino l’Australia.
I ragazzi partono in modo più consistente da Lombardia e Veneto, poi si scende con Lazio e Sicilia e il fenomeno tocca quasi tutte le regioni italiane.

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha commentato il dato con un po’ di stupore.
Si è soffermato sul fatto che i ragazzi devono poter andare all’estero e fare esperienze lavorative e di vita, ma devono essere messi in condizione di poter tornare, bisogna far sì che tornino per lavorare e vivere in Italia.
Tutto il paese altrimenti ne perde, a detta del capo di Stato, e si impoverisce delle capacità che questi giovani possiedono e possono mettere al servizio della comunità.

Cercando in rete però nessuno parla di un fattore importante e cruciale, che spiega facilmente questi dati.
Perché mai un ragazzo dopo aver studiato in Italia vorrebbe andare all’estero e rimanerci in modo stabile?
Le università italiane accolgono pochissimi studenti stranieri mentre quelle europee fanno il pieno con i nostri ragazzi. L’Italia, dopo aver offerto una solida base nell’istruzione, lascia partire le menti più brillanti e questa è già una causa del problema.
Non è solo un fattore di studio, moltissimi sono quelli che all’estero diventano imprenditori, creano start-up, fanno marketing.

I Paesi europei sono più all’avanguardia in molti settori, quelli di alta tecnologia che piacciono tanto a noi millennials ad esempio, ed è più facile per un giovane fare esperienze.
Dopo aver visto le meraviglie in un altro Paese e raggiunto la stabilità economica, perché quello stesso ragazzo dovrebbe voler tornare?

Le carenze del nostro Paese sono visibili in qualsiasi confronto con il resto d’Europa. L’elevata disoccupazione e le difficoltà nell’avviare un’azienda sono solo due macro-problemi che spingono i giovani a prendere il largo.
Partendo per un’esperienza lavorativa di sei mesi o di un anno, molti si rendono conto che tornare in Italia vorrebbe dire affrontare le difficoltà dalle quali si è fuggiti, meglio quindi cercare fortuna all’estero.

La “fuga di cervelli” dal nostro paese è in crescita e non accenna a diminuire, unico dato positivo è forse il fatto che i ragazzi italiani siano ricercatissimi in Europa e nel resto del mondo, segno di una buona preparazione offerta dalle nostre scuole.
Quando però il ciclo di studi finisce ed è ora di lavorare non c’è confronto che tenga: le innovazioni, la ricerca, l’economia e perfino la minor burocrazia degli altri paesi attirano i nostri ragazzi.

È giusto che sia così allora, è giusto che si vada all’estero per condurre verso l’alto la propria carriera e credo che sia anche più gratificante. Speriamo solo che l’augurio del Presidente, quello di rivedere un giorno tornare in patria i nostri fratelli, si avveri presto, ma come dice lui, bisogna far sì che i giovani possano tornare dopo queste esperienze di maturazione.

In molti ci sperano e credo che sarà così.

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