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Fuori la mafia dalla mia città: un convegno a Pomezia

Venerdì 12 aprile all’Hotel Principe si è svolto il convegno organizzato dall’Associazione Culturale Nuova Fabbrica “Fuori la mafia dalla mia città”. Presenti all’incontro Edoardo Levantini, il presidente della commissione antimafia e legalità del Lazio Rodolfo Lena, il presidente dell’osservatorio regionale antimafia Giampiero Cioffredi e l’assessore allo sport e alla partecipazione del Comune di Pomezia Giuseppe Raspa. L’evento, mirato a sensibilizzare i cittadini sulla presenza della criminalità organizzata nel territorio pometino, è stato organizzato con un’attenzione particolare nei confronti dei giovani, ed ha visto la partecipazione di molti cittadini e giovani studenti.

“Pomezia è una città dal passato particolare per quanto riguarda la sua storia con la mafia. Molti sapranno che negli anni ‘50 si è insediato un importante esponente di Cosa Nostra che ha intessuto nel tempo una fitta rete di relazioni: la commissione Antimafia lo ha scoperto nel ‘72 con l’indagine sul Caso Lini in cui vennero alla luce collusioni con tra la pubblica amministrazione e il boss Coppola. Nel ‘91 avvenne il famoso attentato alla stazione dei carabinieri di Torvaianica da parte della mafia catanese, senza dimenticare la tangentopoli pometina conclusasi con 16 prescrizioni e un’assoluzione”. Edoardo Levantini apre così il convegno, esponendo i risultati di anni di indagini dell’Antimafia nel territorio di Pomezia. “Ci sono state molte intimidazioni e attentati che hanno coinvolto la famiglia Fragalà: il primo vero punto di svolta è una condanna in primo grado per estorsione aggravata con metodo mafioso. C’è un grosso giro di narcotraffico che muove tutte le questioni mafiose a Torvaianica e a Pomezia. Nell’estate del 2016 un commando di 2 persone ha sparato 28 colpi contro un imprenditore di Torvaianica. L’udienza ci sarà l’8 maggio ai danni di una famiglia di Aprilia. La mafia a Pomezia c’è, di matrice ‘ndranghetistica ma anche di stampo più locale. La Procura Antimafia di Roma presta molta attenzione alla citta di Pomezia, è importante prendere consapevolezza di questo fenomeno per prevenirlo”.

Gianluca Goffredo ha preso quindi la parola, in rappresentanza degli studenti del Liceo Blaise Pascal: “Siamo noi giovani a dover combattere la criminalità, le nostre coscienze critiche sono la nostra arma. Il processo di cambiamento inizia nelle scuole. Noi giovani siamo spesso le vittime, basti pensare alla diffusione di sostanze stupefacenti fin dentro le scuole stesse. Non bisogna abbassare la guardia: occorre parlare del fenomeno mafie per affrontarlo e respingerlo. Servono sbocchi e opportunità sociali e politiche per far sì che i giovani non siano spinti nelle braccia della criminalità piccola e organizzata. Non dobbiamo più parlare di lotta alla mafia, ma di sconfitta alla mafia”.

L’assessore Giuseppe Raspa, in rappresentanza dell’amministrazione comunale, ha illustrato il continuo impegno suo e del Comune per quel che riguarda il contrasto alla criminalità organizzata: “Siamo molto sensibili al problema: il sindaco si confronta spesso con le forze dell’ordine. Dobbiamo tutti lavorare ogni giorno per poter far sì che un giorno queste attività scompaiano, ma per riuscirci occorre fare passi avanti e azioni ben precise. Io mi occupo di partecipazione e sport: i ragazzi devono essere messi nelle condizioni di partecipare a percorsi lavorativi e formativi e potersi confrontare con adulti e coetanei su qualsiasi argomento per rendersi impermeabili all’azione attrattiva della malavita”.

“Questo progetto va nella direzione su cui lavoriamo da anni: far conoscere e creare consapevolezza della presenza delle mafie nel Lazio. La ritrosia a parlarne è un problema. Con l’insediamento della giunta Zingaretti ci siamo attivati subito per contrastare questo fenomeno con la pubblicazione di un piccolo volume volto a sensibilizzare i cittadini: ci hanno criticato in molti dicendo che esageravamo e che eravamo eccessivamente allarmisti, in realtà mostravamo solo la verità e i dati delle forze dell’ordine, dell’Antimafia e dei magistrati. Lanciavamo un allarme già da allora: le mafie esistono e sono tra di loro alleate. Da noi Cosa Nostra e ‘ndrangheta, ma anche organizzazioni autoctone che stanno subendo un contagio con le mafie tradizionali: parlo delle famiglie Casamonica, Fasciani, Spada. Le mafie sono forti perché sono capaci di essere intimidatorie e se occorre anche violente, e capaci di tessere relazioni con pezzi della politica, della pubblica amministrazione e dell’economia. Questa è la forza della mafia: se fosse solamente un problema criminale non esisterebbe da ben 150 anni”: inizia così il sentito ed intenso evento del presidente dell’Osservatorio Regionale Antimafia, Giampiero Cioffredi. “Più relazionano più sono forti. La magistratura e le forze dell’ordine hanno ottenuto risultati eccezionali tra cui il debellaggio delle cosche e dei clan stragisti, ma serve anche l’intervento delle regioni, che possono usare spazi per rendere i cittadini partecipi della cosa pubblica: più lo spazio è occupato da loro meno spazio è occupato dalle mafie e da affari illeciti. Il business numero uno è il narcotraffico: la Provincia di Roma è la più grande piazza di spaccio. La droga è prevalentemente venduta da autoctoni, ma viene loro fornita dalle grosse mafie. Non serve solo repressione, ma anche intervenire sulla domanda: se Roma è la capitale del narcotraffico vuol dire che c’è domanda, sembrerebbe soprattutto nella fascia 12-15 anni. Banalizzare la discussione crea problemi e non previene, non educa. Il consumo di droga fa arricchire le mafie, un ottimo motivo per far calare la domanda”. 

“Gli imprenditori – ha proseguito Cioffredi – sono spesso costretti alla collusione: ci sono 1900 operazioni bancarie sospette in Italia ogni anno, uno spostamento di oltre 8 miliardi di euro. Le mafie hanno tanta liquidità e sfruttano i più deboli per fare i loro lavori sporchi, un sistema cancerogeno nella società. Ecco perché ci sembrano distanti, ma stanno mutando e inquinando la vita democratica dei nostri territori. Anche il gioco d’azzardo è un problema: i cittadini del Lazio spendono moltissimo al gioco. C’è un enorme danno sia alla salute, a causa delle dipendenze, sia economico, che spinge all’usura per ottenere soldi. A Pomezia ci sono 496 apparecchi per il gioco d’azzardo e i cittadini di Pomezia hanno speso 106 milioni di euro per il gioco nell’ultimo anno, 2/3 dei quali alle slot machines. Il gioco d’azzardo è un mercato mafioso enorme: le istituzioni e le scuole devono ostacolare questo fenomeno per difendere i cittadini. Quando cresce la fiducia per le istituzioni crescono anche le denunce. L’isolamento è causa di danni inenarrabili per i cittadini. L’unica salvezza è la denuncia: lo stato e le istituzioni sono presenti e occorre ora più che mai affidarsi a loro”.

L’intervento conclusivo è dell’on. Rodolfo Lena: Il sistema d’azione delle mafie è cambiato, non più stragi e omicidi ma infiltrazione nel mercato economico, intimidazione e spaccio. Il Lazio sembrava salvo, invece è estremamente infiltrato. La società sta perdendo i valori che difendono i nostri ragazzi dal cadere nelle braccia sbagliate. Dobbiamo aggregarli in progetti di crescita e nel mondo lavorativo: se manca questo elemento sono più facili le intromissioni del mondo mafioso. L’infiltrazione economica è sintomatica del fenomeno del riciclaggio: i soldi sporchi devono essere poi reimmessi nel mercato: è per questo che la corruzione degli imprenditori è un fattore così importante. Io mi auguro che le istituzioni sensibilizzino sul tema. Le persone devono essere consapevoli della presenza della mafia e che la si può sconfiggere: sequestri degli immobili, riutilizzo degli spazi, eliminazioni del racket, confisca dei beni.La confisca non è mai un fallimento: i luoghi sottratti alla criminalità organizzata tornano a vivere in poco tempo, basti pensare alla palestra confiscata agli Spada. La pubblica amministrazione e le istituzioni per sconfiggere il fenomeno devono fornire quei servizi che la mafia spaccia per propri: la Regione si impegna quotidianamente con le amministrazioni comunali proprio su questo fronte. Molte volte sono queste attività che contrastano la mafia, anche più dell’arresto clamoroso di un boss, perché danno speranza ai cittadini e alla popolazione: questa è la forza delle istituzioni che può e deve sconfiggere le mafie. Il Lazio sta facendo molto, con non poche difficoltà: Ostia, Pomezia, Nettuno, Anzio, Castelli Romani e Aprilia sono tutti punti nevralgici della criminalità, ma noi lottiamo sempre per contrastarla e per creare un clima di legalità e presenza istituzionale”.