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Fuga senza fine di Joseph Roth

Joseph Roth è un autore di origini ebraiche nato nell’ex Impero austro-ungarico nel 1894 e morto nel 1939 a Parigi. Egli è famoso per aver narrato proprio la fine di quell’Impero multirazziale e multiculturale disgregatosi alla fine della prima guerra mondiale, in particolare in due romanzi: La marcia di Radetzky e La cripta dei cappuccini.

Anche in Fuga senza fine, il tema dell’impero austro-ungarico viene ripreso. Il protagonista, Franz Tunda, è infatti un generale austriaco che, alla fine del prima guerra mondiale, si ritrova in Russia senza patria e da lì inizia il suo peregrinare senza meta che lo porterà dalla steppa della selvaggia e desolata Siberia alle metropoli europee di Parigi e di Berlino. La sua fuga non ha una chiara ragione, se non nel fatto che lui si senta ovunque uno straniero, che non appartenga veramente a nulla: “Io so soltanto che non è stata, come si dice, l’inquietudine a spingermi, ma al contrario – una assoluta quiete: Non ho nulla da perdere. Non sono né coraggioso né curioso di avventure. Un vento mi spinge e non temo di andare a fondo.”

In questo romanzo l’autore, più di ogni sua altra opera, racconta sé stesso attraverso la voce del protagonista col quale condivide indubbiamente la condizione di “disperso”. Mirabili sono, nel corso delle vicende, le descrizioni delle figure femminili, sempre dipinte con delicatezza e profondità, e le rasoiate satiriche nei confronti della società borghese dell’epoca con un linguaggio formalmente perfetto. Un classico, forse non tra i più citati ed osannati, che va assolutamente riscoperto.