Ardea fra declino e rinascita

Nessuno può prevedere quando per un paese inizia il declino, però si sa che perché ciò avvenga, sono determinanti alcune condizioni:

  • la chiusura degli spazi di intrattenimento collettivi;
  • il crollo demografico;
  • l’invecchiamento della popolazione; 
  • la crisi delle attività produttive;
  • la chiusura delle imprese commerciali. Poi ce ne sono altre che differiscono da paese a paese, dunque, difficilmente cumulabili.

Ad Ardea, molto di questo è già successo e il resto sta succedendo.

Il solo cinema del paese ha chiuso i battenti da anni e forse non li riaprirà più. Da allora, quando va bene, la gente si ritrova seduta al tavolo di un bar a fare le chiacchiere di due volte fa, di tre volte fa e di tutte le volte fa della loro vita. 

Il declino demografico ha assunto dimensioni drammatiche ma tanto per non ciurlare per il manico, cito due dati: in tempi di grascia, solo nella piccola piazza belvedere abitavano circa 300 persone. Attualmente, in tutto il centro storico, dall’arco alle mura, a fatica si arriva a 250 abitanti. Per contro, in tutto il comune, dai duecentosettanta del censimento del 1871, si è arrivati agli oltre cinquantamila attuali. Ci poteva stare una via di mezzo? Trenta-quaranta anni fa, se solo provavi a dire che una crescita demografica tanto rapida quanto caotica avrebbe causato disastri, rischiavi il linciaggio. E ora, dove stanno i profeti del mattone salvifico?    

L’invecchiamento della popolazione si tocca con mano e tanto per non fare battute, via della Croce è quasi esclusivamente abitata da vedove di oltre ottanta anni. 

Nel corso degli ultimi cinquanta anni, devastazione dopo devastazione, il territorio ha smarrito le sue vocazioni produttive principali (agricoltura, artigianato e pastorizia).

Per alcuni anni abbiamo fatto spallucce e ci siamo accomodati alla malsana idea che a sostituire quelle attività bastassero industria, edilizia e grande commercio.

In realtà, l’industrializzazione forzata è stata una meteora durata lo spazio di un sogno troppo bello per essere vero. Al risveglio abbiamo trovato soltanto cattedrali nel deserto, magari ancora buone a saziare gli appetiti degli speculatori di ieri e di oggi ma del tutto incapaci di produrre ricchezza per la comunità.

L’edilizia ha devastato un territorio un tempo di rara bellezza e oggi sostanzialmente ridotto a lacerti scarsamente utilizzabili. Pessimista? Fate voi!

Con la crisi congiunta di industria ed edilizia, anche la grande distribuzione segna il passo e si sa che finirà con la perdita di altri posti di lavoro. Dunque, anche questo giro a pagare saranno i soliti noti: i poveracci. 

Intanto, fino a qualche tempo fa, nel solo centro storico c’erano ben cinque “generi alimentari” e quattro macellerie. Solo qualche giorno fa mi hanno detto che l’ultimo alimentari rimasto ad Ardea sta per chiudere e mi pare una brutta notizia. Sempre nei giorni scorsi, ho sentito dire che la sede del comune traslocherà. Se la prima notizia è brutta, la seconda è orrida. 

Immagino che quelli che ardono dal desiderio di cantare il Requiem a uno dei paesi più antichi del Lazio si staranno stropicciando le mani per la soddisfazione.

Poveri illusi! Loro non lo sanno ma Ardea, nel corso della sua lunga storia, fra guerre, incendi, devastazioni e pestilenze, ha avuto tante stagioni di declino ma è sempre rinata. Se ne facciano una ragione perché rinascerà anche questa volta. Loro. Quelli che gufano, no, non se la caveranno perché sono già morti dentro.

*Libero (Mario) Iatonna, autore di questo articolo, è presidente dell’Associazione Oltre il Ponte

**La foto è una gentile concessione della famiglia Giovannelli-Di Fiori